Il gioco, agli occhi degli adulti, sembra proprio il laboratorio dove l’impossibile diventa facile ma non è sempre così.
L’ambiente e gli oggetti non sono facili da conoscere, non cambiano e non si modificano seguendo il desiderio del bambino. Gli oggetti rimangono fieramente intatti anche di fronte alle più sincere proteste dei piccoli.
Tuttavia, sono degli alleati preziosi per spiegare in modo semplice la complessità dell’ambiente nel quale viviamo.
In Psicomotricità si dice che si crea una relazione con la mediazione dell’oggetto, poiché l’oggetto nel suo rimanere integro sostiene la costruzione del pensiero e insegna le regole della relazione.
Da una parte la ripetizione dell’azione, come far cadere più volte il cucchiaio dal seggiolone, permette al bambino di sviluppare nel tempo una maggiore intenzionalità e la ricerca di un risultato pensato e immaginato.
Dall’altra l’azione diventa sempre più intenzionale e questo gli permette di scoprire la propria autonomia: “sono capace di usare la palla!”
Il bambino inizia a sentirsi forte, determinato e capace di creare e modificare autonomamente il proprio ambiente, o così pensa.
Purtroppo non è così semplice poiché la scoperta degli oggetti viene accompagnata dalla consapevolezza che non basta pensare o volere che la palla rimanga ferma vicino al piede, pronta per il tiro perfetto come il calciatore della propria squadra del cuore, perché, complice un pavimento sconnesso e la palla potrebbe rotolare via.
L’ambiente si svela, quindi, così com’è, pieno di ostacoli, sassi sulla strada, muri durissimi, porte che si chiudono o non si vogliono chiudere, giochi che si rompono e torri che cadono.
A volte diventa difficile tenere a bada le emozioni e la rabbia prende il sopravvento . Viene proprio voglia di rinunciare o di rompere tutto!
“Bisogna che il bambino incontri ben presto per molto tempo la resistenza dell’oggetto, la resistenza della materia ai suoi desideri. Bisogna che gli faccia per tanto tempo l’esperienza dell’opposizione del reale alla realizzazione dei suoi progetti., perché egli accetti la limitazione del suo potere, perché egli accetti la frustrazione.” (B. Aucouturier)
Lentamente il bambino scopre che nonostante l’ambiente e il reale lo mettano davvero alla prova, suscitando e alimentando la sua rabbia, il suo desiderio di provare e riprovare rimane integro fino ad arrivare ad avere la pazienza di rifare la torre che inevitabilmente ad un certo punto cadrà.
Il suo interesse si sposta dal desiderio magico di avere il controllo sull’ambiente al desiderio di conoscere l’ambiente così com’è. Da qui si inizia a diventare grandi e soprattutto curiosi di scoprire tutte le possibilità che il mondo mette a disposizione. Inizia la costruzione del pensiero che accompagna la capacità di immaginare senza necessariamente dover rifare l’esperienza pratica.
Il pensiero diventa astratto e la pazienza supporta il raggiungimento del risultato.
Il ruolo dell’adulto in questo momento della vita del bambino è molto importante, deve accogliere la rabbia scatenata dalla scoperta dell’oggetto trovando parole rassicuranti che rendano più semplice l’incontro con l’insuccesso.
“Se le prime reazioni sono sovente delle reazioni di rivolta contro l’insuccesso, con l’aggressività distruttrice, ma poco a poco – a condizione che l’adulto non intervenga, né per giudicare, né per aiutare, dimostrare, spiegare – il bambino acquisisce la pazienza e la perseveranza che assicurano la costanza del desiderio attraverso le difficoltà di realizzazione.” (B. Aucouturier)